Origini di Vinaio

Per parlare di Vinaio ci vorrebbero delle ore, come per tutti i paesi della Carnia. Collocato ai piedi del Monte Sadi o Marsins sembra un quadro, per chi lo vede la prima volta.
E' custodito dalla acque del Torrente Vinadia e Picchions che insieme nei secoli hanno scavato la roccia viva formando una gola profonda che tanti già conoscono con il nome di Forra del Vinadia.
La posizione del paese e la sua gente, hanno dato origine a storie che si perdono nella notte dei tempi. Vinaio si trova, con Lauco, già nel 914 come donazione di Berengario a un prete che si chiamava Pietro. Viene ricordato anche in un documento del 1275 ..." un signorotto di Gemona un certo Ulunigo, dichiarava di avere dei possedimenti a Lauco e Vinaio". Nel 1300 Vinaio viene menzionato per vendite particolari "cais di mangjà".
Ci sono due interpretazioni sull'etimologia del nome Vinaio: la prima ha una derivazione celtica "vin" forte declivio. Forse più veritiera la seconda, di origini romane, "venaticum" che significa fra le acque.
A un certo momento la gente di Vinaio, che ha dimostrato nel tempo un forte adattamento alla terra dove abitava (c'erano contadini, pastori e boscaioli), prova a distaccarsi dai lavori tradizionali e tenta di fare commercio del proprio lavoro.
In questo modo nascono i primi "tessers", che prima lavorano esclusivamente per la famiglia (autoconsumo): solo in un secondo momento con Linussio scoprono la possibilità di vendere il proprio lavoro.
Nel 1750 il Linussio ha voluto premiare e onorare questa gente per la loro abilità: gli ha offerto di prendere a Venezia dal Fontebasso, la Pala dell'altare maggiore.
Oggi è possibile ammirarla in tutto il suo splendore grazie ad un accurato e delicato restauro; essa è custodita nella Chiesa dedicata a San Tommaso.
Con la chiusura dell'industria tessile di Jacopo Linussio, la gente di Vinaio non si perde d'animo;con la "crassigne" in spalla va in giro come "cràmar" a vendere la propria produzione.
La gente della Carnia, di una certa età, si ricorda ancora di loro e soprattutto delle loro doti come venditori, ereditate e imparate in nome del "san scugnì".
Pazienza, volontà, senso del commercio "bogns di contale" (capaci di raccontarla): accompagnavano le loro giornate cantando con allegria o anche innalzando una preghiera al momento per allontanare dalla mente miseria, stanchezza, fame e dispiaceri.
Cosi facendo da Est a Ovest, da Pontebba al Comelico: fino ad arrivare nei primi paesi del Cadore,da un luogo all'altro.
...poi le abbondanti emigrazioni, le guerre e i nuovi mestieri segnano la scomparsa dei "cràmars"; gli ultimi rimangono attivi fino al 1950 - 1955.
Loro è il primo slogan "A jé tele di Vinai, che no si sbreghe mai".... ..unici anche in questa forma!!!

Fonte Mariangela De Campo